giovedì 3 ottobre 2013

Euro al capolinea? - Riccardo Bellofiore, Francesco Garibaldo -

C’era una alternativa alla moneta unica negli anni Novanta? E c’è oggi, nella crisi, qualcosa che non sia il puro semplice ritorno al passato? A metà degli anni Novanta vi era, tra gli economisti, già chi pensava che ci fosse un’alternativa alle monete nazionali, e alla forbice deflazione competitiva (tedesca) versus svalutazioni (italiane), un’alternativa che non fosse la moneta unica. Tutti i limiti dell’euro erano noti ante litteram, basta andarsi a leggere un economista non certo radicalissimo come Jean Luc Gaffard, su Le Monde Diplomatique del 1992. L’alternativa possibile alla moneta unica è quella che i francesi, che sono bravissimi nelle distinzioni, chiamano moneta comune. La differenza tra moneta unica e moneta comune un qualche interesse ce l’ha. La moneta unica è anche circolante tra i cittadini dell’area. La moneta comune è invece soltanto mezzo di pagamento tra le banche centrali aderenti all’unione. Ogni nazione mantiene la sua moneta, i vari aderenti mantengono cambi fissi ma esistono alla bisogna margini di flessibilità. Se c’è uno squilibrio grave che nel medio periodo non possa essere aggiustato dall’espansione dei paesi in avanzo, viene consentita una svalutazione, mentre intanto la Banca Centrale Europea ha il potere di far credito alle aree in crisi, come anche ai governi. Non è un’idea di un’originalità devastante, è l’applicazione all’Europa di un’idea di Keynes del 1944, è il progetto di una qualche Bretton Woods europea. In questo orizzonte aveva scritto cose di grande interesse una marxista solida come Suzanne de Brunhoff (1997).

La nostra convinzione è che una pura e semplice uscita dall’euro non sia lasoluzione, che anzi gli effetti domino possono essere gravi, e la pressione per l’austerità che ne risulterebbe più e non meno elevata. Ma non crediamo che cambi il segno di questa uscita dalla moneta unica la pura difesa del lavoro su scala nazionale, o di un’area particolare d’Europa (detto tra parentesi, le contraddizioni dell’euro si ripeterebbero su una scala minore, come se per esempio si volesse costruire l’Europa del Sud). Quello di cui vi sarebbe bisogno sono piuttosto lottecoordinate e proposte politiche uniche della sinistra su scala europea, a partire dai conflitti del lavoro e dei soggetti sociali, una spinta dal basso che c’è ma non è adeguatamente organizzata e neanche pensata, nell’orizzonte o di un drastico cambio del disegno della moneta unica, o della transizione alla moneta comune. L’alternativa vera che abbiamo davanti non ci pare essere quella tra esplosione a breve dell’area dell’euro o ritorno alle valute nazionali in Europa, ma semmai quella tra stagnazione prolungata (funzionale alla ristrutturazione contro il lavoro, contro le donne, contro i soggetti sociali) o lotte transnazionali in grado di imporre un vincolo sociale e un cambio di rottaLa questione autentica non è euro sì euro no, ma come si devono configurare la lotta di classe e le lotte sociali per poter riaprire quegli spazi che oggi non possono non apparire, allo stato delle cose, inesorabilmente chiusi, come in una cappa d’acciaio.                                                                  http://www.inchiestaonline.it/economia/riccardo-bellofiore-francesco-garibaldo-euro-al-capolinea/

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