Dato
che cambiare la vita è troppo difficile, e per la verità neanche poi tanto
desiderabile, si cambia paese, o si proiettano su un altro paese tutte le belle
qualità che non si riescono a trovare nel proprio. Così
non si può proprio dire che questi cinque anni siano stati anni di sogni
realizzati, men che meno di rivoluzioni. Il governo è di nuovo in mano al
centrodestra: non sono proprio gli stessi che erano al potere prima del 2008,
ma la razza è quella: milionari figli di milionari, come Bjarni Benediktsson.
Le cose, lentamente, migliorano. L’economia è in ripresa. La promessa di
tagliare i mutui forse verrà mantenuta, chiedendo una dilazione al Fmi, limando
un po’ le pensioni, convincendo le banche ad essere gentili. E a proposito di
banche, i primi processi ai banchieri pre-2008 si stanno concludendo, qualcuno
andrà in prigione. Per il resto, l’Islanda non entrerà nell’Unione europea.
L’idea della costituzione scritta dai cittadini è tramontata, e forse è meglio
così. Gran parte della stampa continua a essere controllata dalle solite
famiglie, e insomma tutto è tornato più o meno come prima (l’unica differenza
percepibile, arrivando, è che la compagnia low cost Iceland Express ha cambiato
nome ed è diventata Wow Airlines, e i colori dei sedili sono passati da
arancione a blu ma gli apparecchi vengono sempre dall’Europa dell’est: le
scritte a bordo sono in inglese e in cirillico, lo stewart si chiama Filip, la
hostess Alina). [...] Non c’è stata nessuna sfida
islandese alla finanza internazionale, soltanto una prima disinvolta e poi
fraudolenta gestione degli strumenti finanziari da parte delle banche
islandesi; e la comprensibile tendenza di molti cittadini islandesi a non fare
troppe domande, per non spezzare l’incantesimo. “A un certo punto, un po’ prima
della bancarotta”, mi ha detto Ragga, “era diventato abbastanza chiaro che non
poteva continuare così. E allora la gente non ha rallentato: ha accelerato, ha
fatto ancora più debiti, ha comprato ancora più cose, è partita per le Canarie.
Passava l’ultimo treno, era da idioti perderlo”. http://www.internazionale.it/opinioni/claudio-giunta/2014/02/18/non-esistono-paesi-allegorici/ http://www.odradek.it/blogs/index.php/2011/11/05/chi-paga-che
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