sabato 30 marzo 2013

Giorgio Gattei: Quando si paga il debito sovrano?

la "guerra di classe" si è aperta in Italia a mezzo degli anni '60 del Novecento. Che sia stata conseguenza del conseguimento (di fatto) di una posizione di piena occupazione della manodopera oppure dell'irruzione della produzione fordista che aveva reso "rigida" la forza-lavoro che operava all'interno della "catena di montaggio", resta il fatto che venne infranta quella "tregua salariale" che fino ad allora aveva assicurato la stabilità dei livelli di profitto. Dalla scadenza contrattuale del 1959 comincia perciò un processo di rivendicazioni operaie che porterà la quota dei salari sul reddito nazionale dal 30,0% del 1960 al 36,0% del 1972. Era la dimostrazione concreta del mutato rapporto di forza tra le classi sociali rispetto al quale padronato e governo italiano avrebbero dovuto misurarsi "militarmente", e quindi anche finanziariamente. 
La prima risposta è stata l'inflazione, così da recuperare in termini di potere d'acquisto (ossia al momento della vendita delle merci prodotte) quanto sfuggiva in termini di salario monetario all'atto della stipula del contratto di lavoro. A far ciò bastava una strategia di spesa pubblica generosa, giustificata dalla necessità di addomesticare e/o reprimere la spinta di classe, che lasciasse correre i prezzi all'insù. (...)                                                                                                                                   Quando però, prolungandosi troppo la "guerra di classe", l'inflazione ha rischiato di prendere la mano superando le due cifre, si è dovuto cambiare strategia. Come da teoria, per rimediare all'eccedenza monetaria messa in circolazione si è costituito un diverso "partito della disinflazione" (come allora era chiamato) che però era il partito del debito pubblico avente l'obiettivo di riportare quella troppa moneta nelle casse dello Stato mediante il piazzamento tra i cittadini di titoli del debito pubblico, resi appetibili dagli alti tassi d'interesse assicurati ai sottoscrittori. (...)                                                        Perdurando una "guerra di classe" strisciante perchè il suo artefice non era intenzionato a cedere il campo, era giocoforza rimandare a più tardi il momento della resa definitiva dei conti. (...)                                                                                                                                                                                                                     Quel momento ha però richiesto l'annientamento dell'esercito avversario, a cui però si è potuto mettere mano soltanto dopo la scomparsa dell'Unione Sovietica, nazione discutibile quanto si vuole ma pur sempre referente internazionale del movimento operaio. Finita l'URSS è potuta seguire la "mutazione antropologica" del Partito Comunista Italiano, partito discutibile quanto si vuole ma pur sempre referente politico della classe operaia, e poi l'esclusione dal Parlamento nazionale dei partiti d'estrema sinistra, gruppuscoli discutibili quanto si vuole ma pur sempre referenti sociali del mondo del lavoro. Ma soprattutto c'è stato bisogno del superamento definitivo della rigidità della catena di montaggio fordista, sostituita dalla flessibilità/precarietà di una nuova maniera del produrre che solo per pigrizia continuiamo a chiamare ancora provvisoriamente "post-fordismo". E solo a conclusione di tutti questi fatti si è potuto riconoscere che l'avversario di classe era definitivamente debellato e quindi proclamare raggiunta la tanto agognata pace dei padroni.                                                                                                             http://ilcomunista23.blogspot.it/2013/03/quando-si-paga-il-debito-sovrano.html

domenica 24 marzo 2013

Simulazione di cosa accadrebbe con e senza EURO.


"Lo studio dice chiaramente quanto e’ intuitivo da chiunque mastichi di macro-economia: la rottura dell’Euro (non traumatica) e la rivalutazione del Marco penalizzerebbero pesantemente la Germania, ed avvantaggerebbero le economie periferiche, quella Italiana in primis. Le conclusioni sono le stesse di altri studi seri. L’effetto e’ lo stesso gia’ riscontrato nel passato in situazioni similari, e le ragioni sono esattamente quelle opposte a quelle che hanno consentito alla Germania di avvantaggiarsi in questi anni rispetto ai paesi periferici.
Mi rendo conto dei limiti di questo studio, e di svariate altre variabili (anche non economiche, interne o esterne) che potrebbero e dovrebbero rientrare in gioco, ma reputo che a meno di uno scenario distruttivo di default a catena, l’uscita dell’Euro di scena sia un’affare per l’Italia ed altre nazioni periferiche (specialmente quelle che hanno un sistema industriale dignitoso) ed un pessimo affare per la Germania, destinata col Marco ad un futuro Giapponese di deflazione-PIL asfittico-Debito crescente in un quadro demografico da film dell’orrore.
Il vero limite dello studio, sta nel comportamento umano, in particolare delle classi dirigenti dei paesi periferici, tendenzialmente poco responsabili, che potrebbero non approfittare degli evidenti vantaggi del ritorno alla valuta nazionale, facendo danni con decisioni di spesa improduttiva o altre misure tese a gestire il consenso nel breve periodo, e non a consolidare tale vantaggio in qualcosa di permanente. Ovviamente, tale situazione non risolverebbe tutti i problemi dei paesi periferici, ma certamente aiuterebbe ad affrontarli.
Mi auguro che questo post contribuisca ad attivare un serio dibattito sulla questione Euro ed altre analisi sulla questione e simulazioni sull’ipotetica uscita (o non uscita) dall’euro, perche’ comunque una nazione come l’Italia non si puo’ permettere il lusso in futuro di scelta ideologiche"                                                                                                                                                                                                                                                                                     http://www.scenarieconomici.it/studio-sulle-prospettive-in-italia-germania-francia-e-spagna-e-simulazione-di-dissulazione-delleuro-e-ritorno-alle-valute-nazionali/.

mercoledì 20 marzo 2013

IL PROFETA DELLA CRISI. TRIBUTO A HYMAN MINSKY - intervento di Riccardo Bellofiore - 5 dicembre 2011

 La crisi scoppia negli Stati Uniti, arriva in Europa. Togliamoci dalla testa l’idea che la crisi sia dovuta all’Europa o all’euro. La configurazione istituzionale dell’euro ha certo molto aggravato le cose, e noi Europei possiamo senz’altro essere la causa di un futuro drammatico aggravamento della Grande recessione. Ma la crisi europea è il rimbalzo della crisi globale. La crisi dei sub-prime ha subito colpito le banche francesi e tedesche, e così si sono diffuse le difficoltà finanziarie. Sono poi saltate le bolle finanziarie in Irlanda e in Spagna, oltre che in Gran Bretagna. È caduta dunque la loro domanda nei confronti degli altri Paesi europei. Visto che intanto andava cadendo la domanda negli Stati Uniti, cadeva pure la loro domanda verso la Cina, cadevano a seguire le esportazioni della Germania verso quel Paese, cadeva infine l’indotto dell’Italia verso la Germania. È una caricatura di quel che è successo, ma non lo è poi troppo.                                                                                                     http://ilcomunista23.blogspot.it/2013/03/il-profeta-della-crisi-tributo-hyman.html#more