Da qualche tempo cerco di portare l’attenzione sugli
sviluppi differenti che possono avere un’uscita dall’Euro dall’alto e un’uscita
dal basso, cioè democratica, cioè, ancora, guidata da un processo di
definanziarizzazione progettuale. [...] La critica all’Euro si basa fondamentalmente
su tre punti: 1) dell’Euro non se ne può più, 2) dall’Euro si può uscire senza
traumi e, infine, 3) senza il vincolo dell’Euro si può ritornare a crescere
come una volta. [...]
Inserirsi a livello europeo nelle
contraddizioni che inevitabilmente nasceranno, per intralciare dall’interno i
rapinosi meccanismi europei, cercare per quanto possibile di neutralizzarli e
sfidare i decisori europei su soluzioni anti-elitarie (o anti-oligarchiche, se
si preferisce). E’ l’unico modo per ricostruire una “Europa dei popoli”, che
però io preferisco chiamare “Europa democratica” senza altri fronzoli.
Presupposto ad ogni azione in tal senso è la denuncia della natura non
democratica delle istituzioni europee e, connessa ad essa, quella della
sofferenza degli interessi nazionali popolari. [...] La
resistenza da parte della Germania è a prima vista irragionevolmente egoista ma
a ben guardare agisce sull’altro lato della contraddizione mettendo in atto una
sorta di “finanziarizzazione controllata” o “ben fondata” e ha parimenti una
sua logica da potenza sub-dominante. La Germania sa benissimo che non conterà
mai nulla politicamente, nel senso che non potrà mai avere una politica estera
autonoma, a meno di un crollo verticale della potenza statunitense. [...]
Gli Usa sono alla ricerca di
personale politico che si assuma il compito di gestire l’avvio del Ttip. Ecco
allora in Italia il ricambio Renzi che annuncia una battaglia europea
sull’inviso limite del Patto di stabilità del 3% debito/Pil. Sarebbe una battaglia
in linea col compito, anche se non è detto che Renzi sia in grado di condurla o
che la voglia veramente fare (potrebbe essere solo un pour parler di
propaganda; anche Hollande fece annunci analoghi appena eletto). Comunque la
battaglia è iniziata da un pezzo. [...] Ad ogni modo la Germania cercherà
di sfruttare sia l’Euro sia la crisi il più possibile. Quindi resisterà quanto
può alla richiesta di eurobond. Più facile che accetti un aumento
dell’inflazione e dei salari tedeschi, ipotesi per altro già ventilata un anno
fa dal ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble. Benché non sia chiaro se
questa soluzione venga agitata solo per replicare alla periodica richiesta di
eurobond e di cambiamento della politica monetaria e fiscale dell’Eurozona,
dovremmo comunque porci nell’ottica che i decisori europei possano voler mettere
mano a una correzione dell’austerità permettendo parzialmente l’introduzione di
quelle misure su lavoro, ammortizzatori sociali, deviazioni dal famigerato 3% e
investimenti selettivi che in Italia sembrano costituire il programma di Renzi. [...] E’ a questo punto
richiesto uno sforzo per immaginarsi come sarà la società della seconda parte
di questo decennio, il suo grado di stabilità, la sua composizione di classe, le
nuove fratture e le nuove contraddizioni che vi si creeranno, i nuovi apparati
simbolici di cui si nutrirà. E’ un esercizio inutile pensare che saranno uguali
a quelli del secolo passato o anche solo del primo decennio di quello attuale.
Chi lo farà avrà perso in partenza. [...] Ne segue: a) che la Germania è la
chiave di volta di ogni possibile Ostpolitik europea; b) che quindi tale
Ostpolitik presuppone una Germania egemone in Europa; c) che di questa egemonia
ne fanno le spese i Paesi su cui essa viene esercitata, a partire dai Piigs,
che costituiscono i bersagli facili dei missili finanziari provenienti dalla
finanza a leadership anglosassone.
Questo è il “rebus Germania”, che diventa il “paradosso
Germania” se si considera il fatto che l’alternativa a questa Ostpolitik è la
subordinazione ad un’America indebolita e quindi più famelica e rapinosa.
Ovviamente esiste una terza alternativa, ovvero la creazione
di una, diciamo così, “Europa bolivariana”, ovvero un’azione politica cosciente
che punti all’abbandono dell’Euro (inutile aggiungere “attuale”: l’Euro è solo
quello attuale; una moneta unica su altre basi non sarebbe l’Euro), alla
riorganizzazione dell’Europa o di sue regioni su basi democratiche, alla loro
neutralità e alla riorganizzazione mondiale di Paesi non allineati né sul piano
politico né su quello economico. Infine, come si è accennato più volte, è
essenziale mettere in discussione il principio dell’accumulazione senza (un)
fine. http://www.sinistrainrete.info/europa/3587.html#.U3pvIrCCUX8.facebook