martedì 18 novembre 2014

Immigrati: costi e numeri - Girolamo De Michele

Gli stranieri in Italia sono poco più di 5 milioni e mezzo, ossia l’8% della popolazione. Solo 300 mila sono gli irregolari. Il Regno Unito è il paese europeo al primo posto per numero di nuovi immigrati con circa 560.000 arrivi ogni anno. Seguono la Germania, la Spagna e poi l’Italia. La Germania è invece il paese Ue con il maggior numero di stranieri residenti con 7,4 milioni di persone. Segue la Spagna e poi l’Italia. Siamo sesti inoltre per numero di richieste d’asilo (27.800). Da notare che il paese col più alto numero di immigrati è anche l’unico che in questo momento sta crescendo economicamente. (A Colasuonno)

esiste «un evidente differenziale salariale sulla base della cittadinanza: se un italiano riceve circa 1299 euro netti in media al mese, uno straniero percepisce appena 993 euro, circa il 23 per cento in meno»: e infatti la ricerca del CNEL individua «l’esistenza di uno stiky floor (pavimento appiccicoso), che tende a mantenere segregati nelle occupazioni meno retribuite gli immigrati, e di un glass ceiling, che limita l’accesso alle posizioni di carriera più avanzate» . Quest’ultima considerazione apre la strada al tema delle condizioni di lavoro nei settori dell’edilizia, agricoltura e logistica, dove ulteriori profitti, spesso in nero, sono realizzati dai datori di lavoro mediante il basso costo del lavoro ottenuto attraverso la concorrenza tra soggetti più svantaggiati – stranieri contro stranieri, regolari contro irregolari – realizzata con le forme di caporalato che si rivelano impermeabili ai mutamenti delle amministrazioni locali, e che non sembrano patire una reale volontà di lotta allo sfruttamento da parte degli organi dello Stato.(G. De Michele)

«i maggiori rischi per la sicurezza derivano non tanto dall’immigrazione di per sé, quanto dalla presenza degli irregolari e nel corso degli ultimi decenni tale componente è stata alimentata, quasi paradossalmente, dalle politiche migratorie restrittive, che hanno imposto un ferreo contingentamento del numero di permessi di soggiorno a fronte di un continuo aumento delle pressioni migratorie verso il nostro Paese»(Politica migratoria, immigrazione illegale e criminalità (2013)

lunedì 27 ottobre 2014

"I progetti di egemonia europea nell'Età Moderna" (2) | "Quale Europa durante e dopo l'Età della catastrofe?" (3) - Aldo Giannuli



Per chi fosse interessato, segnalo il video di una lezione che ho tenuto la scorsa settimana in università, dal titolo: “I progetti di egemonia europea nell’Età Moderna”. Ripercorrendo la lunga genesi dell’idea di Europa, dall’Antichità fino all’Ottocento, ho cercato di analizzare le tappe principali della formazione della “coscienza europea” ed il lungo cammino che ha portato nel XIX secolo alla nascita dei primi pensieri organici di organizzazione comunitaria e di identità dell’Europa. Nei prossimi giorni verrà pubblicato anche il video della lezione successiva, dedicata ai progetti di Unione Europea sviluppatisi nel ’900 ed alla base dell’Europa che conosciamo oggi. Buona visione! (A. Giannuli)

mercoledì 15 ottobre 2014

niente di speciale - Aristide Bellacicco







Stavano ancora sul letto, nudi tutti e due, quando Gena cominciò a piangere. Gli disse  che lui voleva solo divertirsi e che per il resto non gliene importava nulla.
- Tu fai l’amore con me tutti i giorni, e pensi che perciò io devo essere contenta. Invece non sono contenta proprio per niente.
Turi si accese una sigaretta. Era per lo meno la centesima volta che lei lo assillava con quel discorso. Ogni volta dopo fatto l’amore, quando sarebbe stato molto meglio starsene sdraiati in silenzio o dormire o fare qualsiasi altra cosa.
Era sempre Gena a cominciare. Non ne poteva fare a meno, e a volte Turi  pensava che ormai fosse una specie di tic nervoso.
- Non facciamo solo l’amore-  le disse con calma – andiamo anche al cinema e a cena fuori. E andiamo al bowling. E vediamo gli altri, anche.
Quelle cose le aveva già dette un mucchio di volte e si sentiva stupido a ripeterle.
Gena mise giù le gambe dal letto, dandogli le spalle,  e si appoggiò il  mento sui pugni chiusi. Faceva sempre così quando era arrabbiata.
Turi le guardò la schiena nuda.
- Copriti che prendi freddo – le disse.
- Per  quello che te ne importa – disse Gena – E’ inutile che fai finta con me, sai, io ti conosco. E’ inutile che ti metti a fare i complimenti. Non ci sei tagliato.
Si alzò e andò a chiudersi nel bagno,  girando la chiave con furia.  Turi la immaginò mentre fumava per conto suo seduta sulla tazza, con gli occhi rossi e le lacrime che le scendevano.
Raccolse la vestaglia di Gena dalla sedia accanto al letto. Andò fino alla porta del bagno e la  appese alla maniglia
- Qui fuori c’è la  vestaglia – le disse attraverso la porta – Non puoi stare spogliata a quel modo. I termosifoni sono  ancora spenti.
Poi aggiunse:
- Io vado a fare il caffè.

mercoledì 8 ottobre 2014

Pensare la dignità oggi. Una rassegna filosofica - Carlo Crosato

Ci siamo dimenticati il significato della dignità, e con esso abbiamo dimenticato la sua origine. Ci siamo avviati verso una benefica modernità, che si fonda (come voleva Hegel) su autocoscienza, autodeterminazione e autorealizzazione. Ma abbiamo declinato questi tre percorsi in un senso individualistico e deviante, concedendo al sistema capitalistico di darci un valore. Il fine, l’uomo, si è tramutato nel mezzo di sostentamento di ciò che prima era mezzo: lo strumento economico.

Costituzione della Repubblica italiana (dicembre 1947).
 Nell’apertura del documento, si legge che la Repubblica italiana si fonda, non sulla imprescrittibilità dei diritti e nemmeno sulla intangibilità della dignità dell’uomo, bensì sul lavoro: la dignità, che nell’Europa settentrionale e negli Stati Uniti d’America è fulcro naturale o creazionale delle norme che regolano i rapporti tra i cittadini come persone, come uomini astrattamente intesi, in Italia viene connessa agli uomini nei loro fattuali rapporti sociali, ma soprattutto economici. La dignità non è ciò che accomuna gli individui giuridici, ma si configura come la possibilità di svolgere e scegliere «un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società» (art. 4). Il punto focale della questione, dunque, non viene posto sulla naturalità e sulla imprescindibilità della dignità e dei diritti che da essa derivano, bensì sulla possibilità di esprimere e realizzare (rendere reale) la propria dignità, mediante il lavoro.

L’accento, insomma, viene posto sulla dimensione (di utilità) sociale alla quale ogni individuo, mediante il proprio contributo materiale e lavorativo, prende parte: solo con il lavoro, infatti, l’individuo sviluppa appieno la propria personalità e, così facendo, verifica la propria dignità. Se nelle costituzioni prima richiamate la dignità era un valore immodificabile e slegato da ogni legale sociale o storico-fattuale, nella Costituzione italiana la dignità dell’uomo viene legata alla concreta (storico-fattuale) collocazione di ogni persona nei rapporti sociali ed economici.

Si tratta, com’è evidente, di una considerazione della dignità che poco ha a che fare con il giusnaturalismo moderno da cui la Costituzione tedesca o quella statunitense prendono spunto. E se parrà pretestuoso affermare l’eredità ancora presente nella Costituzione italiana del diritto romano – per il quale la dignità è vincolata alle cariche pubbliche che l’individuo ha ricoperto –, non pare comunque fuori luogo segnalare una certa analogia, consistente in una simile idea di dignità come relativa al ruolo sociale di ogni cittadino. Un’idea di dignità, quindi, molto simile a quella che con Hofmann prima avevamo chiamato “per prestazione”. Non si travisino, però, le intenzioni dell’assemblea costituente: rileggere la dignità della persona come fortemente vincolata alla dignità del lavoro ha certo la funzione di sottolineare la necessità per ogni cittadino di contribuire al bene anche materiale della collettività; ma ha la funzione soprattutto di divellere ogni privilegio, offrendo invece una maggiore visibilità e un maggiore sostegno alla classe lavoratrice e operaia.


http://ilrasoiodioccam-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/08/01/pensare-la-dignita-oggi-una-rassegna-filosofica/#more-1318

martedì 9 settembre 2014

Apologo sull'onestà nel Paese dei corrotti - Italo Calvino

         gli onesti...

non potevano farci niente se erano così, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano il guadagno col lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione d’altre persone. In quel paese di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto loro erano i soli a farsi sempre degli scrupoli, a chiedersi ogni momento cosa avrebbero dovuto fare...

la loro consolazione era pensare che così come in margine a tutte le società durante millenni s’era perpetuata una controsocietà di malandrini, di tagliaborse, di ladruncoli, di gabbamondo, una controsocietà che non aveva mai avuto nessuna pretesa di diventare la società, ma solo di sopravvivere nelle pieghe della società dominante e affermare il proprio modo d’esistere a dispetto dei principi consacrati, e per questo aveva dato di sé ( almeno se vista non troppo da vicino) un’immagine libera e vitale, così la controsocietà degli onesti forse sarebbe riuscita a persistere ancora per secoli, in margine al costume corrente, senza altra pretesa che di vivere la propria diversità , di sentirsi dissimile da tutto il resto, e a questo modo magari avrebbe finito per significare qualcosa d’essenziale per tutti, per essere immagine di qualcosa che le parole non sanno più dire, di qualcosa che non è stato ancora detto e ancora non sappiamo cos’è.

http://gabriellagiudici.it/italo-calvino-apologo-sullonesta-nel-paese-dei-corrotti/ 

mercoledì 13 agosto 2014

About Gaza - Simone Camilli, Pietro Bellorini

About Gaza, un video documentario girato da Simone Camilli, il videoreporter italiano ucciso a Gaza assieme ai cinque artificieri palestinesi che tentavano di disinnescare la bomba lanciata da un F-16 israeliano e rimasta sul terreno.

lunedì 4 agosto 2014

INTERPRETARE HEGEL, INTERPRETARE MARX - Stefano Garroni - 24-10-2013

                                              Consigli di metodo per una comprensione della logica di Hegel.08:00 rapporto dello scetticismo con la dialettica: l'orientamento contro le interpretazioni speculative di Hegel. Ravelli e Valentini.12:10 Fulvio Papi Lezioni sulla scienza della logica di Hegel. 13:15Bompiani sulla fenomenologia dello spirito di Hegel tradotto da Diego Fusaro. 16:30 Hegel sul togliere e il divenire. 18:30 quando Marx analizza la merce e parla di volere d'uso e di scambio c'è il concetto del togliere? 21:30 differenze tra Marx ed Hegel. 22:05Marx è determinista? 25:05 i marxisti che sono diffidenti nei confronti del termine astrazione. 26:10 Ortega y Gasset e Allan Poe sull'uomo della folla. 27:50 L'uso del termine astratto in Hegel.30:20 alienazione ed estraneazione in Marx. I problemi della traduzione. 43:00 i frutti del lavoro dei compagni che si mostrano improvvisamente: la Tunisia e la Romania. 44:50 sulla filosofia orientale. 47:40 sulla Corea del nord e un monaco buddista. 50:40la dialettica che non esiste se non nel determinato. 52:30 su un libro del collettivo: "Ricerche Marxiste". 55:55 la dialettica non è un martello. 59:05 il sapere assoluto.

domenica 13 luglio 2014

Locke teorico dello stato liberale - Gabriella Giudici

«Loro [Cicerone e i moralisti pagani] fanno consistere la giustizia nell’usare ciascuno, come beni comuni, quei beni che sono comuni, e come beni propri i beni privati. Ma nemmeno questo è secondo natura. La natura infatti profuse a tutti i suoi doni. Perché Dio comandò che tutto si producesse a comune beneficio di tutti e che la terra fosse in certo qual modo comune possesso di tutti. La natura ha dunque generato il diritto comune, l’usurpazione ha generato il diritto privato [Natura igitur ius commune generavit, usurpatio ius fecit privatum].
Sant’Ambrogio, De officiis

«L’erba che il mio cavallo ha mangiato, la zolla che il mio servo ha scavato, il minerale che io ho estratto in un luogo […] diventano mia proprietà […] 
E’ il lavoro che è stato mio, cioè a dire il rimuovere quelle cose dallo stato comune in cui si trovavano, quello che ha determinato la mia proprietà su di esse»
John Locke, Second Treatise, § 28






venerdì 20 giugno 2014

Big data, complessità e metodo scientifico - Francesco Sylos Labini

Oggi è tecnicamente possibile la raccolta di enormi quantità di dati. Ma il trattamento dei “big data” non è in grado, di per sé, di migliorare la capacità di previsione di fenomeni naturali o sociali. Anche di fronte alla cono- scenza delle leggi dinamiche sottostanti, infatti, rimane difficile comprendere l’evoluzione di forze che danno spesso luogo a comportamenti caotici                                                                                                                                                         D’altra parte, i big data possono essere uno strumento utile proprio per capire se gli assunti alla base di certi modelli o teorie, anche nel campo delle scienze sociali, sono verificate o meno. Per esempio, riguardo all’economia i mercati finanziari rappresentano un laboratorio idealizzato per testare alcuni concetti fondamentali. Questa situazione è particolarmente importante per la teoria mainstream dei mercati efficienti: la teoria assume che i mercati deregolati dovrebbero essere efficienti e gli agenti razionali dovrebbero aggiustare velocemente ogni prezzo non completamente corretto oppure ogni errore di valutazione. Per esempio, le carte di credito e il commercio elettronico dovrebbero permettere di monitorare il consumo in tempo reale e dunque di testare le teorie del comportamento dei consumatori in grande dettaglio. Si potrebbe così rispondere a queste domande: il prezzo delle merci riflette fedelmente la sottostante realtà e assicura l’allocazione ottimale delle risorse? Il prezzo è davvero stabilito in maniera tale che l’offerta incontri la domanda? I cambiamenti dei prezzi sono dovuti a particolari informazioni e notizie disponibili agli operatori? Analogamente, i terabyte di dati che sono elaborati ogni giorno dai mercati finanziari potrebbero permettere di confrontare in dettaglio le teorie con le osservazioni: i mercati “in equilibrio” sono stabili? Le crisi economiche sono innescate solo da grandi perturbazioni esogene come gli uragani, i terremoti o gli sconvolgimenti politici (o meno drammaticamente l’instabilità di una coalizione di governo), o sono causate dall’instabilità intrinseca dei mercati stessi?  Dunque, piuttosto che cercare correlazioni a posteriori per trovare un effimero supporto empirico a qualche modello teorico, è necessario essere preparati ad avere a che fare con grandi quantità di dati ed essere pronti a imparare ad analizzarli senza pregiudizi.  A volte – ma non sempre – sarà possibile così verificare se gli assunti teoriche alla base di importanti modelli interpretativi della realtà sociale, spesso in aperta competizione con modelli alternativi, trovino davvero qualche riscontro parziale nella realtà.                                                                                                                                                                     http://www.sinistrainrete.info/teoria/3830-francesco-sylos-labini-big-data-complessita-e-metodo-scientifico.html

mercoledì 11 giugno 2014

Radio Vaticana intervista Giulietto Chiesa

  Una bella intervista a Giulietto Chiesa uno "scomodo" giornalista, scrittore, intellettuale, contro-corrente di questa informazione totalmente omologata. Si possono certo avere delle differenti idee, e io le ho per esempio sulla "decrescita", ma gli va riconosciuto un impegno forte e coerente nel suo lavoro di informazione libera e alternativa.                                                                               http://www.pandoratv.it/?page_id=18

martedì 10 giugno 2014

Fascism Inc

                 Fascism INC è un documentario prodotto dal team che ha realizzato Debtocracy e Catastroika, e parla della nascita del neo-fascismo in Europa e Grecia e il ruolo giocato dalle élite economiche.

Un film che per spiegare la crisi Greca, guarda al passato, alla seconda guerra mondiale e le cause scatenanti i movimenti fascisti di allora, che sono le stesse di oggi : gli appetiti smodati della classe confindustriale e bancaria europea. Un film che ricorda a tutti come è nato il fascismo in Italia e il Nazismo in Germania, con la novità inedita nei testi scolastici, dell' attribuzione delle responsabilità alla borghesia europea. Il film che dimostra come il fascismo di ieri, e quello di oggi, altro non sono che uno strumento nelle mani di una ristretta cerchia di persone per attaccare la classe lavoratrice, i loro diritti, per puro profitto.Lo scopo principale dei fascisti di ieri,come quelli di oggi, è ottenere una classe lavoratrice docile, sotto pagata ,senza diritti e senza sindacati.Una delle parti che attrae di più l'attenzione e che colpisce di più a livello emotivo è senz'altro quello dove l'autore sottolinea come la Grecia è l'unico paese europeo,dove i collaborazionisti Tedeschi,non hanno perso la guerra ma anzi sono stati premiati.Coloro che durante la seconda guerra mondiale, hanno trafficato e commerciato con i tedeschi a scapito del popolo greco, costituisce oggi l'estabishment politico ed economico del paese, e questo spiega molte cose. Ma anche in Germania e in Italia è così, le famiglie di industriali che hanno finanziato il fascismo e il Nazismo alla fine hanno ottenuto pene molto miti, quando non sono state condannate per nulla come in Italia.
Un film utile per capire meglio la crisi europea, chi l'ha creata, e perchè. 
http://infowarproductions.com/fascism...                                                                                                         http://contropiano.org/internazionale/item/24535-fascism-inc

lunedì 9 giugno 2014

Il fascino discreto della crisi economica: l’intervista a Giorgio Gattei - 1/2




 Sono due le “razze” dei capitalisti: gli industriali, a cui convengono interessi reali bassi per produrre a minor costo e cambio basso per esportare di più, e i finanzieri a cui invece fa più comodo interessi reali alti e cambio “forte”. Anche tra le nazioni può operare questa contraddizione, come ad esempio in Europa che è un insieme asimmetrico di Stati con la Germania (“nocciolo duro”) che presta alla “periferia” mediterranea” i propri capitali. La periferia, che prima o poi dovrà ripagare questi prestiti, preferirebbe una politica inflattiva per restituirli in moneta svalutata, ma ciò non conviene ai risparmiatori tedeschi che sono creditori e sono invece favorevoli ad una politica deflattiva chiamata, per occultare il loro interesse egoistico, “di rigore”. [...]                                                                                 
                                                                                                                               La formula di valorizzazione del capitale non dice solo che il profitto del capitalista dipende dello sfruttamento dei lavoratori (come spiegato nel primo libro del Capitale), ma che dipende da quello sfruttamento moltiplicato per il numero di volte che il processo di circolazione si ripete in un arco di tempo determinato, mettiamo in un anno. Per questo il profitto annuale capitalistico è il prodotto dello sfruttamento dei lavoratori produttivi e della efficienza dei lavoratori della circolazione. Ma è un prodotto e che cosa vuol dire? Vuol dire che, come il profitto diventa zero se non si non si realizza lo sfruttamento, altrettanto diventa zero se non si realizza la circolazione, ossia che, come i lavoratori delle fabbriche devono produrre plusvalore, anche i lavoratori della circolazione devono “produrre” rotazione [...]                                                                                                                                  Negli anni ’60 fu geniale avere trovato la situazione di rottura nei lavoratori addetti alla catena di montaggio. La catena di montaggio era l’elemento di maggior rigidità della produzione fordista perchè non la si poteva interrompere. E allora bastava anche un piccolo stop per per bloccare l’intero processo. [...]  Per questo nel cosiddetto “post-fordismo” (un termine che non vuole dire niente, tranne che ormai non siamo più nel fordismo) è stata proprio la catena di montaggio a venir subito superata con la robotizzazione, così che quel fattore di rigidità non ci presentasse più. È da qui che deriva quella condizione d’inferiorità dei lavoratori in fabbrica rispetto ai diktat dei padroni, a cui i sindacati possono opporre soltanto lotte d’autodifesa e poco più.  Ecco allora che lo scontro di classe si sposta (il capitale lo sa, i lavoratori nel loro complesso un po’ meno) negli ambiti della circolazione che sono: distribuzione, finanza e trasporto. Soprattutto nel trasporto di merci fisiche che devono essere pur tuttavia caricate e scaricate da personale umano sottopagato, eppure assolutamente strategico. [...]                                                                                                                                                                   Bisogna prendere coscienza che il sistema capitalistico è un sistema di produzione, ma anche di circolazione e che la circolazione è altrettanto decisiva e strategica quanto la produzione.                                                                                                                                                                                                                                                      http://www.ilmanifestobologna.it/wp/2014/06/il-fascino-discreto-della-crisi-economica-lintervista-a-giorgio-gattei-1/                                                                                                                                                                                                                                                                                                             https://www.youtube.com/watch?v=KK1K9q47g8U                                                                                   https://www.youtube.com/watch?v=S9TdZ09Hc0A                                                                                                                                                                          https://www.youtube.com/watch?v=W9WrnLp5JJQ                                                                                                                                                                                        https://www.youtube.com/watch?v=GQtEymRJQbU                                                                            

venerdì 30 maggio 2014

Europa, chi? - Piero Pagliani


Da qualche tempo cerco di portare l’attenzione sugli sviluppi differenti che possono avere un’uscita dall’Euro dall’alto e un’uscita dal basso, cioè democratica, cioè, ancora, guidata da un processo di definanziarizzazione progettuale.    [...]                                                                                                                                                                                                                                            La critica all’Euro si basa fondamentalmente su tre punti: 1) dell’Euro non se ne può più, 2) dall’Euro si può uscire senza traumi e, infine, 3) senza il vincolo dell’Euro si può ritornare a crescere come una volta.      [...]  
                                                                                                                                                                 Inserirsi a livello europeo nelle contraddizioni che inevitabilmente nasceranno, per intralciare dall’interno i rapinosi meccanismi europei, cercare per quanto possibile di neutralizzarli e sfidare i decisori europei su soluzioni anti-elitarie (o anti-oligarchiche, se si preferisce). E’ l’unico modo per ricostruire una “Europa dei popoli”, che però io preferisco chiamare “Europa democratica” senza altri fronzoli. Presupposto ad ogni azione in tal senso è la denuncia della natura non democratica delle istituzioni europee e, connessa ad essa, quella della sofferenza degli interessi nazionali popolari.      [...]                                                                                                                                                                                                                         La resistenza da parte della Germania è a prima vista irragionevolmente egoista ma a ben guardare agisce sull’altro lato della contraddizione mettendo in atto una sorta di “finanziarizzazione controllata” o “ben fondata” e ha parimenti una sua logica da potenza sub-dominante. La Germania sa benissimo che non conterà mai nulla politicamente, nel senso che non potrà mai avere una politica estera autonoma, a meno di un crollo verticale della potenza statunitense.        [...]                                                                                                                                                                                                                                                       Gli Usa sono alla ricerca di personale politico che si assuma il compito di gestire l’avvio del Ttip. Ecco allora in Italia il ricambio Renzi che annuncia una battaglia europea sull’inviso limite del Patto di stabilità del 3% debito/Pil. Sarebbe una battaglia in linea col compito, anche se non è detto che Renzi sia in grado di condurla o che la voglia veramente fare (potrebbe essere solo un pour parler di propaganda; anche Hollande fece annunci analoghi appena eletto). Comunque la battaglia è iniziata da un pezzo.       [...]                                                                                                                                                                                                     Ad ogni modo la Germania cercherà di sfruttare sia l’Euro sia la crisi il più possibile. Quindi resisterà quanto può alla richiesta di eurobond. Più facile che accetti un aumento dell’inflazione e dei salari tedeschi, ipotesi per altro già ventilata un anno fa dal ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble. Benché non sia chiaro se questa soluzione venga agitata solo per replicare alla periodica richiesta di eurobond e di cambiamento della politica monetaria e fiscale dell’Eurozona, dovremmo comunque porci nell’ottica che i decisori europei possano voler mettere mano a una correzione dell’austerità permettendo parzialmente l’introduzione di quelle misure su lavoro, ammortizzatori sociali, deviazioni dal famigerato 3% e investimenti selettivi che in Italia sembrano costituire il programma di Renzi.       [...]                                                                                                                                                                                E’ a questo punto richiesto uno sforzo per immaginarsi come sarà la società della seconda parte di questo decennio, il suo grado di stabilità, la sua composizione di classe, le nuove fratture e le nuove contraddizioni che vi si creeranno, i nuovi apparati simbolici di cui si nutrirà. E’ un esercizio inutile pensare che saranno uguali a quelli del secolo passato o anche solo del primo decennio di quello attuale. Chi lo farà avrà perso in partenza.      [...]                                                                                                                                                                                                                                                                                                             Ne segue:  a) che la Germania è la chiave di volta di ogni possibile Ostpolitik europea; b) che quindi tale Ostpolitik presuppone una Germania egemone in Europa; c) che di questa egemonia ne fanno le spese i Paesi su cui essa viene esercitata, a partire dai Piigs, che costituiscono i bersagli facili dei missili finanziari provenienti dalla finanza a leadership anglosassone.
                                                                                                                                                                                                                                        Questo è il “rebus Germania”, che diventa il “paradosso Germania” se si considera il fatto che l’alternativa a questa Ostpolitik è la subordinazione ad un’America indebolita e quindi più famelica e rapinosa.
                                                                                                                                                                   Ovviamente esiste una terza alternativa, ovvero la creazione di una, diciamo così, “Europa bolivariana”, ovvero un’azione politica cosciente che punti all’abbandono dell’Euro (inutile aggiungere “attuale”: l’Euro è solo quello attuale; una moneta unica su altre basi non sarebbe l’Euro), alla riorganizzazione dell’Europa o di sue regioni su basi democratiche, alla loro neutralità e alla riorganizzazione mondiale di Paesi non allineati né sul piano politico né su quello economico. Infine, come si è accennato più volte, è essenziale mettere in discussione il principio dell’accumulazione senza (un) fine.                                                                                                                                                                                                                                                http://www.sinistrainrete.info/europa/3587.html#.U3pvIrCCUX8.facebook

sabato 24 maggio 2014

Dalle "vecchie guerre" alla guerra "asimmetrica" - Alessandro Colombo

                                            "Crisi e conflitti nel '900"                           Dalle "vecchie guerre" alla guerra "asimmetrica": come cambiano i conflitti e gli equilibri nel mondo del post bipolarismo

relatore: Alessandro Colombro, Professore ordinario di Relazioni internazionali presso l'Università degli Studi di Milano

Leggi e scarica la dispensa della lezione
http://www.laboratoriolapsus.it/ai1ec...

Leggi il programma del laboratorio, le dispense e i video delle lezioni
http://www.laboratoriolapsus.it/cosa-...                                                                                                                                                                                                                                http://contropiano.org/articoli/item/24685

giovedì 22 maggio 2014

Sulla coscienza di classe nell'attuale fase del capitalismo - VITTORIO RIESER

La gamma di alternative oggi “percepibili” da un lavoratore è drasticamente limitata, anche rispetto a un passato non molto lontano: soprattutto, da questa gamma sono assenti ipotesi alternative complessive sull’economia e la società. In primo luogo, oggi le organizzazioni del movimento operaio (ci riferiamo sempre all’occidente capitalistico, e in primo luogo all’Italia) non propongono più alternative del genere. (Non ci riferiamo, ovviamente, ad alternative “rivoluzionarie classiche”, ma ai “nuovi modelli di sviluppo” o di democrazia proposti ad es. dai sindacati o dal PCI in Italia negli anni 60-70). Su questo si innesta l’efficacia (parziale) dei grandi mezzi di comunicazione di massa: parziale perchè questi non riescono a far passare un’adesione e un consenso al modello di società da essi divulgato, ma riescono a farlo passare per l’unico possibile, in sostanza come “male inevitabile” (la crisi erode ulteriormente gli elementi di consenso, ma rafforza l’idea di inevitabilità).                                                                                                                                                                                                                             Complessa è l’evoluzione dei sindacati. La CISL è la prima a “fare i conti” con la sconfitta dell’89, con una netta svolta a destra. La CGIL evita di fare esplicitamente un bilancio critico, e mantiene elementi di debole continuità con la fase precedente. Di fatto, i sindacati non possono assumere organicamente uno schema liberista che è in contraddizione con la loro stessa natura e funzione: approdano quindi a un’impostazione “concertativa”, che è la riproposta di un modello di relazioni industriali a suo tempo chiamato “neo-corporativo”, maturato nell’ultima fase del fordismo. Ma, se allora era un mix di concessioni e di contropartite, ora – nella situazione mutata – si ripresenta in una versione “debole”, in cui le concessioni e i vincoli superano nettamente le contropartite e i margini di iniziativa contrattuale autonoma. La CISL innesta su questo una sua ideologia della “partecipazione”, mentre la CGIL rilancia tardivamente un modello di “co-determinazione” (dove l’analisi “di classe” non scompare) quando non ci sono più le condizioni per realizzarlo, per cui rimane sulla carta. La conseguenza pratica di tutto questo è che i sindacati “gestiscono il riflusso”, in un’impostazione puramente difensiva anche quando le condizioni oggettive riaprirebbero possibilità di controffensiva.                                                                                                                                                                                                                                       Alla fine degli anni 50-inizio anni 60, chi avesse fatto un’inchiesta sulla coscienza di classe si sarebbe trovato di fronte a “brandelli di coscienza” non dissimili da quelli riscontrati nell’inchiesta di Brescia: una lucida valutazione negativa della propria condizione e delle sue cause, accompagnate da una sfiducia nelle possibilità di cambiamento generale, e – quindi – da ricerca di soluzioni individuali, talvolta “opportunistiche”. E’ questo il materiale su cui hanno “lavorato” le organizzazioni che, negli anni successivi, hanno costruito una grande stagione di lotta e coscienza di classe. Ma vi erano due profondi elementi di differenza con la situazione attuale:
- esistevano organizzazioni o parti di esse (mi riferisco in particolare alla CGIL) che perseguivano lucidamente un disegno di “ricostruzione di classe” nella prospettiva di un cambiamento sociale;
- le condizioni dello sviluppo capitalistico (pensiamo ad es. agli anni del “miracolo economico”) favorivano lo sviluppo delle lotte operaie.
Tutto ciò ha permesso di innescare un “circolo virtuoso” tra comportamenti delle organizzazioni (via via estesi a organizzazioni prima più “arretrate”), esperienze di lotta, sviluppo di coscienza, che ha portato al grande decennio tra la fine degli anni 60 e la fine degli anni 70.

Oggi, come abbiamo visto, tali condizioni al momento non sussistono. E non ci sono le condizioni per una “scorciatoia” che, in tempi brevi, inverta il “circolo vizioso” oggi imperante. La domanda è: è possibile lavorarci per spezzarlo? questo lavoro è possibile nel puro ambito nazionale? chi (ovviamente non ci riferiamo a persone, ma ad organizzazioni) ha la volontà e la capacità di impegnarsi in questo lavoro?                                                                                                                                        http://www.sinistrainrete.info/analisi-di-classe/1004-vittorio-rieser-sulla-coscienza-di-classe-nellattuale-fase-del-capitalismo.html

martedì 13 maggio 2014

Pino Pinelli

                                                                                                                                                                               https://www.youtube.com/watch?v=44Bi-tI4tWs

martedì 6 maggio 2014

Austerità. Fine di un'era. - Yoseph Halevi, 29 Gennaio 2014

     La questione di classe.... C’è una sola cosa che tiene insieme tutte le differenti componenti capitalistiche europee, ed è la deflazione salariale che viene garantita dall’Euro, e qui non ci son santi, sono tutti d’accordo. L’accordo è di tenere in piedi la deflazione salariale, processo portato avanti anche attraverso la deflazione della spesa pubblica e in generale la riduzione di tutti i vari aspetti del salario, comprese le pensioni. Ovviamente questo processo funziona in maniera differenziata, e ci sono paesi che ci riescono meglio di altri: la Germania è stato il paese più efficiente per quanto riguarda il rapporto salari-produttività, mentre alla Francia è riuscita molto meno, e il che è ironico visto che l’idea della “deflazione competitiva”, ovvero della compressione salariale per aiutare le esportazioni, è un’idea francese, proposta dalla fine degli anni ’8o da Delors e tutta quella gente terribile.


Insomma, io dubito che le varie classi capitaliste europee abbiano un interesse nell’euro in quanto tale, a prescindere da questo ruolo nella regolamentazione dei rapporti di classe interni. Se salta questa componente unificante, salta tutto.                                                                                                                                  http://www.ilmanifestobologna.it/wp/2014/04/intervista-a-joseph-halevi-a-proposito-di-beni-comuni-1/

lunedì 5 maggio 2014

EPIC intervista RICCARDO BELLOFIORE.

                                                                                                                         -Siamo in una ‘grande crisi,’ non in una crisi
congiunturale; una grande crisi ‘capitalistica’, che non equivale a crollo
(tutt’altro): separa un capitalismo morente da un altro modello emergente, di
cui non si vedono ancora chiaramente i tratti.                                                      
                                              -Dobbiamo
proporre un ‘altro’ modello. “Credo che le sinistre siano giunte ad un punto di
snodo, ad un bivio, in cui si presentano due strade: una strada consiste nel
tentare di risolvere meglio degli altri i problemi che gli altri si pongono […]
L’altra strada è quella di mutare in maniera radicale le prospettive, gli
obiettivi e perciò anche gli strumenti, di contrapporre veramente al modello
degli altri un altro modello.” (Napoleoni) Oggi non bastano la pura e semplice
reflazione, o il ritorno al keynesismo. Occorre un altro modello di economia e
società.                                                                                                                                                                                                                                                                       -Avviare,
qui e ora, senza garanzie di successo, un lavoro sociale e politico che, a
tutt’oggi, non siamo ancora stati in grado neanche di iniziare a pensare
davvero. E’ ora. Se non ora, quando?

mercoledì 16 aprile 2014

Stefano Garroni

     Ci mancherai Stefano... e mancherai a tutto il movimento... è una gravissima perdita la tua che riduce ancor di più le già difficili condizioni di lotta del mondo del lavoro. Ci hai lasciato soli e inadeguati ma faremo tutto il possibile per continuare il tuo impegno...  (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni")

lunedì 3 marzo 2014

La forza di gravità - Ascanio Celestini -

                                                                                                                        Già la gravità... la gravità è vivere senza vedere e far finta di niente...

domenica 2 marzo 2014

Propaganda

                                                                                                                                                                                                                                Paradosso. Il vero zenith è raggiunto solo dal suo poderoso terribile contrario: le immagini di Piazzale Loreto

venerdì 28 febbraio 2014

il comunista: E. Cassirer, Scienza e funzione… - Stefano Garroni...

il comunista: E. Cassirer, Scienza e funzione… - Stefano Garroni...: “La nuova posizione, che la filosofia contemporanea viene gradualmente assumendo riguardo ai fondamenti della scienza teoretica, forse in ...

I sofisti - Mario Vegetti - Antonio Gargano -

    Viviamo in un’epoca sofistica. Da che cosa è caratterizzata la sofistica? Dal dominio dell’opinione, dalla convinzione che la verità non possa essere raggiunta. Viviamo in un’epoca dominata dall’opinione, dalla sfiducia nella possibilità di raggiungere la verità, dallo scetticismo, e il dominio dell’opinione si fa sentire oggi con mezzi più potenti che all’epoca sofistica greca, cioè con i mezzi di comunicazione di massa. I modelli di esistenza vengono imposti da creatori di opinioni, non certo ispirati da filosofi o da chi si sforza di indagare la verità. Vedremo come i sofisti teorizzano il relativismo e come alla luce della filosofia di Socrate e di Platone il relativismo e lo scetticismo nella conoscenza, che comportano l’individualismo e l’egoismo nella vita pratica, possono essere sconfitti perché sono logicamente infondati. Possiamo riassumere così i tratti della sofistica: sofistica vuol dire regno dell’opinione, sfiducia nella possibilità di raggiungere la verità, quindi relativismo, scetticismo, soggettivismo, e di conseguenza individualismo.                                                                                                        http://www.iisf.it/scuola/s_s_plato/sofisti.htm