lunedì 17 giugno 2013

ROSA LUXEMBURG di Lelio Basso

"Non si va avanti di un passo nel dire che Rosa Luxemburg contrapponeva spassionatamente la spontaneità delle masse alla "vittoriosa e coronata" politica conservatrice della socialdemocrazia tedesca, specialmente dopo la rivoluzione del 1905. Questa contrapposizione aveva carattere completamente rivoluzionario e progressista. Molto tempo prima di Lenin, Rosa Luxemburg ha compreso il carattere ritardante dell'ormai ossificato partito e dell'apparato sindacale ed ha cominciato a combattere contro di essi. Poiché ella confidava nell'inevitabile accentuarsi dei conflitti di classe, ha sempre previsto la certezza di un'apparizione indipendente delle masse contro il volere e contro la linea dei burocrati. In questa sua visione storica generale, Rosa si è mostrata corretta. La Rivoluzione del 1918 fu infatti "spontanea", cioè, fu compiuta dalle masse contro tutti i provvedimenti e tutte le precauzioni della burocrazia di partito. Ma, d'altro canto, la conseguente storia tedesca ha ampiamente mostrato come la spontaneità da sola è lontana dalla possibilità di ottenere vittorie durature; il regime di Hitler fornisce un pesante argomento contro la panacea della spontaneità". (L. Trotzky-1935)                     
A torto si è sostenuto che Rosa Luxemburg sia una sostenitrice della “spontaneità” delle masse: essa si è semplicemente limitata a constatare marxisticamente che le rivoluzioni, come gli scioperi generali, non si improvvisano a comando, perché sono fenomeni che interessano le più vaste masse popolari e che possono mettersi in movimento solo quando ne esistano le condizioni, quando cioè le masse sentano la spinta, inferiore all’azione, ma essa sapeva che quest’azione può dare frutti solo se è coscientemente diretta da una dottrina rivoluzionaria e sorretta da un’organizzazione di partito. Tutta la sua polemica con Berstein era stata appunto una difesa della rigorosa teoria marxista come guida dell’azione del proletariato, ciò che è in evidente contrasto con ogni teoria della spontaneità, ma al pari della teoria essa sentiva la necessità dell’intima adesione delle masse, della necessità che lo sviluppo della coscienza di classe procedesse di pari passo, o addirittura sopravanzasse lo sviluppo dei fattori obiettivi nella direzione del socialismo.
Come osserva Lukasz questa concezione riflette l’unità marxista di teoria e pratica, presente sempre nel pensiero luxemburgiano, dove al partito aspetta il compito grandioso di “dar corpo alla coscienza di classe del proletariato e alla consapevolezza della sua missione storica”, nel quale cioè la dottrina si fonde con la volontà cosciente delle masse, e grazie al quale “la conoscenza diviene azione, la teoria parola d’ordine, la massa che segue questa parola d’ordine si aggrega sempre più ferma, più cosciente e risoluta alle vie della avanguardia organizzata… La coscienza di classe è l’etica del proletariato, l’unità della sua teoria e prassi, il punto in cui la necessità economica della lotta emancipatrice si trasforma dialetticamente in libertà. Riconosciuto il partito come forma storica e come personificazione attiva della coscienza di classe esso diviene nello stesso tempo l’esponente dell’etica del proletariato in lotta. Questa sua funzione deve determinare la sua politica”.
Data questa sua concezione dello sviluppo dialettico della società capitalistica verso una crisi suprema e del proletariato verso una coscienza rivoluzionaria, i suoi atteggiamenti pratici non potevano non essere in favore di una lotta continua e sempre più vasta della classe operaia contro la politica dell’imperialismo, sia in pace che, a maggior ragione, in guerra.                                                                                    
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