Sotto
la presidenza di Rafaél Correa, in carica dal 2006, nel settembre del 2008 è
stata ratificata in Ecuador, con un referendum popolare, la nuova Carta
Costituzionale, che rifonda lo Stato dichiarandolo sovrano, democratico,
plurinazionale e interculturale. La Costituzione precedente classificava il
paese come multi-etnico e multi-culturale, così il passo compiuto è da una
nozione semplicemente cumulativa delle differenti identità che abitano il
territorio, ad una decisamente più aggregativa e inclusiva: la varietà delle
culture e il loro incontro e partecipazione in condizioni di equità e
uguaglianza costituiscono una risorsa che l'attuale governo di Correa ha
l'obiettivo di valorizzare. Questo comporta, evidentemente, uno Stato
decentralizzato e il rispetto per i modi differenti di amministrare localmente
il territorio che le comunità hanno ereditato ed esercitano.
Con
l'entrata dell'Ecuador, nel 2009, nell'Alleanza Bolivariana per i Popoli di
Nuestra America (ALBA), le trasformazioni epocali emerse grazie alla
mobilitazione popolare, di indigeni, contadini, lavoratori e intellettuali, in
diversi paesi latinoamericani, in particolare a Cuba, in Bolivia e in
Venezuela, oltre naturalmente allo stesso Ecuador, hanno ribadito un loro
carattere continentale di liberazione collettiva dal giogo colonialista,
autodeterminazione e integrazione regionale, solidarietà e complementarietà.
Il
nuovo documento costituzionale dell'Ecuador, frutto del lavoro di un'Assemblea
Costituente eletta che ha visto il contributo essenziale dei movimenti indigeni,
incorpora un paradigma, quello del Buen Vivir, i cui principi
fondamentali e le cui conseguenze sulla vita sociale, economica e politica del
paese costituiscono un ulteriore taglio netto con il passato, che aveva visto
il prevalere di politiche neo-liberiste e la marginalizzazione di ampie fasce
della popolazione, in particolare i
popoli naturali.
Il
Buen Vivir, dal quechua sumak kawsay, recupera una visione
olistica dell'esistenza, di vita piena e in armonia con se stessi, i propri
simili e la natura, che affonda le radici nelle credenze, nei saperi e nelle
pratiche ancestrali delle comunità indigene. Ma non esclusivamente. Il Buen
Vivir si ricollega anche ad alcuni principi e filosofie universali, come il
marxismo, l' ecologismo, il femminismo, il pensiero aristotelico e altri
(Acosta : 2010).
Così
come viene articolato nella nuova Costituzione e nel Piano Nazionale per il Buen
Vivir 2009-2013[1],
postula primariamente un modello alternativo di sviluppo sociale ed economico
sostenibile, al centro del quale non si ha più, come nel sistema capitalista,
l'accumulazione e concentrazione illimitata del capitale col suo corollario di
sfruttamento a tutti i livelli, quanto piuttosto l'essere umano inserito in una
collettività umana e in un ambiente naturale che gli permettono di vivere. In
quest'ottica relazionale, sono imprescindibili equità e giustizia sociale e
ambientale. Ecco perché, nella Costituzione, ampio spazio viene dedicato ai
diritti che lo Stato ha il compito di garantire tanto al singolo, quanto alla
comunità e, per la prima volta, alla natura stessa (art. 10).
Dall'articolo
12 al 34, sono enunciati i diritti specifici del Buen Vivir:
–
diritto
all'acqua e all'alimentazione
(art. 12-13);
–
diritto
ad un ambiente sano ed ecologicamente equilibrato (art. 14-15);
–
diritto
alla comunicazione e all'informazione
(art. 16-20);
–
diritto
alla cultura e alla scienza
(art. 21-25);
–
diritto
all'istruzione
(art. 26-29);
–
diritto
all'habitat e all'abitazione
(art. 30-31);
–
diritto
alla salute
(art. 32);
Lo
Stato si riappropria dei beni comuni, per sottrarli alla gestione privata, per
riaffermarne la natura non mercificabile e assicurare l'accesso universale ad
essi. Si tratta di conquiste estremamente significative, soprattutto
considerando che, nei decenni precedenti al mandato di Correa, si era assistiti
a politiche di liberalizzazione, privatizzazione e deregulation che
rispondevano al diktat del Consenso di Washington, e che avevano
condotto alla grave crisi finanziaria del 1999.
Il
cambio di paradigma sottolinea l'abbandono di una visione economica interessata
alla mera crescita quantitativa, che misura lo stato di salute di una società
monitorandone il PIL, o altri indici che non rendono conto della qualità di
vita reale nel paese e che trascurano la necessità di una redistribuzione
sistematica della ricchezza tra la popolazione, a vantaggio delle fasce più
deboli. Realizzare crescita economica senza avanzamento civile e giustizia
sociale e ambientale è una contraddizione le cui conseguenze sono sotto gli
occhi di tutti e hanno portato ad una molteplicità di crisi a livello globale.
Lo
sviluppo di cui è necessario si preoccupi l'apparato statale è piuttosto quello
umano, inteso come la maggiore offerta possibile di opportunità alle persone e
alle comunità, la difesa della loro dignità, la tutela e il rispetto della loro
identità e diversità, la soddisfazione dei loro bisogni, la facilitazione della
loro autonomia, la valorizzazione dei loro luoghi. La pianificazione degli
investimenti e degli interventi sul territorio da parte del governo di Correa
rispecchiano per l'appunto questo intento. In tale orizzonte prospettico, il
tentativo trasformativo è quello di costruire, insieme, una società
democratica, unitaria, policentrica, composta non da individui animati da
egoistica ambizione, ma esseri umani solidali, cooperativi, che si realizzano
in complementarietà con la vita collettiva.
Perché
possa aversi un tessuto sociale vario ma coeso, coinvolto nelle questioni di
pubblico interesse e appagato, è evidentemente imprescindibile garantire
universalmente un'istruzione che educhi alla pace e alla collaborazione, che
sia anch'essa democratica, partecipativa, plurale. È indispensabile anche
abbattere la disoccupazione, e garantire il diritto costituzionale al lavoro.
Non un lavoro qualsiasi, ma liberamente scelto o accettato, che offra la dovuta
sicurezza sociale, un'occupazione stabile, quindi, adeguatamente retribuita, e
che lasci spazio al tempo libero.
Considerando
che non può esservi Buen Vivir senza un ambiente salubre, lo Stato si fa
custode del patrimonio ambientale del paese, il cui sfruttamento indiscriminato
aveva acceso le rivendicazioni delle comunità originarie, minacciate nei loro
luoghi d'appartenenza dalle conseguenze della crisi climatica, dalla
sottrazione di terre e dall'inquinamento. Proprio a difesa dei diversi
ecosistemi del territorio ecuadoriano, sono sanciti costituzionalmente i
diritti della natura (art. 71-74):
–
La
natura ha diritto ad essere rispettata integralmente, nei suoi cicli vitali,
strutture, funzioni e processi evolutivi.
–
La
natura ha diritto a interventi di riparazione.
–
Lo
Stato adotta misure preventive o restrittive per attività che possono
danneggiare in modo permanente gli ecosistemi.
–
Persone,
comunità, popoli e nazionalità hanno diritto a godere dell'ambiente e delle
ricchezze naturali che rendono possibile il Buen Vivir.
Per
illustrare meglio il nuovo approccio ambientale promosso dall'Ecuador, basti
portare ad esempio la delicata questione dei giacimenti di petrolio presenti
nel sottosuolo del Parco Yasuní. Il parco vanta una biodiversità senza pari nel
mondo, oltre ad ospitare alcune culture indigene prive di contatti con la
civiltà moderna, sicché l'estrazione del petrolio comporterebbe la perdita di
un patrimonio naturale e culturale inestimabile. Il presidente Correa ha
avanzato come soluzione-compromesso quella di istituire un fondo alle Nazioni
Unite per sopperire, almeno parzialmente, alle risorse socialmente investibili
di cui l'Ecuador si priverà per preservare quel tesoro naturale e scongiurare,
in questo modo, l'emissione di ulteriori tonnellate di CO2 nell'atmosfera
terrestre.
È
chiaro che non è possibile, né auspicabile, azzerare l'impronta dell'attività
umana sulla natura, è tuttavia responsabilità etica di tutta la società quella
di assicurare non soltanto ai propri membri viventi, ma alle generazioni future
e al pianeta stesso, con tutti i suoi abitanti, ecosistemi ancora in grado di
rigenerarsi e di ospitare la vita. I popoli originari hanno molto da insegnare
in merito: le cosmovisioni che hanno guidato da sempre il loro agire
parlano di una relazione spirituale, prima ancora che materiale, con la Pacha
Mama, la madre terra. L'adozione ufficiale del paradigma del Buen Vivir,
così come in Bolivia del Vivir Bien, intende legittimare le visioni
indigene del mondo, per integrarle nel progetto di rifondazione
latinoamericana.
Non
si tratta di dismettere improvvisamente gli strumenti del progresso scientifico
e tecnologico, di bandire la proprietà o l'impresa privata, ostacolare il
successo individuale e uniformare gli stili di vita, per tornare ad
un'esistenza “tribale”. Si farebbe un torto alle stesse comunità indigene se si
concepisse l'invito al Buen Vivir in questi termini, considerando
soprattutto la complessità della cultura e degli usi e costumi di queste
civiltà, certamente non arretrate, anzi custodi di pratiche ancestrali
all'avanguardia rispetto a quelle moderne. Si colga invece il Buen Vivir
come un'opportunità, non soltanto per l'Ecuador o l'America Latina:
l'opportunità di mettere scienza e tecnologia al servizio dell'umanità e della
preservazione della natura, di liberarsi dalla morsa di un sistema, quello
capitalista, che subordina la vita al profitto e sta rapidamente conducendo
alla rovina della specie, di costruire un futuro sul pianeta in cui vi sia
spazio per tutte e tutti, all'insegna dell'arricchimento reciproco, della
coesistenza pacifica e solidale.
SITOGRAFIA
http://en.wikipedia.org/wiki/Ecuador http://en.wikipedia.org/wiki/Rights_of_Nature http://elearning.uni-bielefeld.de/wikifarm/fields/ges_cias/field.php/Main/Unterkapitel21 http://plan2009.senplades.gob.ec/web/en/presentation http://plan2009.senplades.gob.ec/web/en/principles http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=19143 http://www.uncsd2012.org/index.php?page=view&nr=49&type=1000&menu=126 http://terzo-incluso-parma.blogautore.repubblica.it/2012/10/12/2915/ http://www.ifad.org/operations/pipeline/pl/ecuador.htm
BIBLIOGRAFIA
L.
Vasapollo, Dagli appennini alle Ande. Cafoni e indios, l'educazione della
terra, Milano, Jaca Book, 2011.
[1]
Maggiori
informazioni al link: http://plan2009.senplades.gob.ec/web/en/strategies-2009-2013-period;jsessionid=D137C5054869E7FF78316215F76E01FF.nodeaplanmi
[2]
Consultare il seguente
link per una traduzione in italiano della Costituzione ecuadoriana, a cura
dell’Associazione a Sud: http://asud.net/images/doc/costituzione_dellecuador_2008.pdf
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